Megane Deutou, studentessa 23enne del Camerun che da un anno studia all’Università di Bari, è stata picchiata dal suo ex fidanzato, uno studente 24enne barese, che non si rassegnava alla fine della loro relazione. Dopo essere stata picchiata, la donna ha sporto denuncia e ha pubblicato la foto del suo volto tumefatto su Instagram, scrivendo: «Ho finito mio compito. La polizia si occuperà del tuo caso ora».
Il post di Megane è stato rilanciato sui social da diverse associazioni tra cui ‘Studenti stranieri Università di Bari’ e ‘Studenti indipendenti Lingue’. La notizia, che sta facendo il giro del web, è stata ripresa da alcune testate locali. Secondo la ricostruzione riportata sui quotidiani, Megane avrebbe incontrato mercoledì sera il suo ex fidanzato che voleva parlarle. E quando Megane ha ribadito la sua volontà di troncare il rapporto, l’uomo l’avrebbe presa per i capelli e poi sbattuto ripetutamente la testa della donna sulla portiera della propria auto.
Alcune associazioni studentesche hanno organizzato un presidio davanti al Comune di Bari «per chiedere risposte da parte delle autorità». «A te, Megane – scrivono su Fb gli ‘Studenti indipendenti di Lingue’ – vogliamo dire grazie perché hai avuto coraggio di dire basta, di denunciare, e di tornare a vivere. A te, carnefice, vogliamo ricordare che l’amore non rompe le costole, non lascia i lividi sulla faccia, l’amore non può e non deve uccidere».
«Non possiamo restare in silenzio – proseguono gli studenti – perché significherebbe non sottolineare la gravità di una simile situazione. Ingiustificabile qualsiasi schiaffo, sopruso, atto di pressione psicologica». «Oltre al colore della pelle – sottolinea su Facebook l’associazione ‘Studenti stranieri università di Barì – nessuna donna dovrebbe essere preda e vittima di questi atti barbari che dipingono una società maschilista in perdita dei valori di uguaglianze e parità». «Sollecitiamo un maggiore sguardo sulla condizione dello studente straniero nella città di Bari – concludono – e in particolare nell’Ateneo barese».